Carlo V ospite dei certosini di Padula




Si narra che Carlo V, reduce dall'impresa di Tunisi, visitò nel novembre 1535 la Certosa di Padula.
La notizia per la prima volta fu data dallo storico Camillo Tutini, che nel suo manoscritto (1), racconta il fatto in modo molto particolareggiato..
Egli scrive che l'Imperatore si fermò alla Certosa per due giorni e, rifiutate le tappezzerie ed altro lusso, volle dormire in cella con i materassi e le lenzuola di lino in luogo del pagliericcio e delle rozze coperte di lana.
Inoltre aggiunge che Carlo V, dopo aver visitato tutto il monastero, volle far colazione in cantina insieme con i suoi soldati; a sua richiesta si fece poi un'enorme frittata di mille uova: l'Imperatore rimase stupito nel vedere come il cuoco fosse tanto abile nel rivoltare per aria la frittata con la padella.
Tuttavia - come afferma il prof. sacerdote Antonio Sacco (2) - non si comprende come i diaristi della vita di Carlo V (tra costoro i noti Alfonso Ulloa e Gregorio Rosso) ignorino la sua visita alla Cerosa di San Lorenzo.
Pertanto se il ricordo della visita fosse rimasto nella sola tradizione, lo storico Bénoit Tromby che ha scritto tante cose per esaltare la fama dei Certosini, ne avrebbe fatto certamente parola; tra l'altro la Certosa di Padula la conosceva molto bene: era vicino alla sua di Santo Stefano e vi passava spesso quando andava a Napoli.
Anzi, a dir di più, appena si ebbe notizia dell'entrata di Carlo V in Napoli, il Tromby scriveva: "Tutti i priori delle Certose del Regno si trasferirono nella capitale per inchinare il monarca. Il R.D,Benedetto Silice priore di S.Stefano del Bosco, il P.D.Nicolò de Muro priore della Padula, il P.D.Girolamo da Napoli priore di Chiaromonte...".
Dunque, lascio a voi lettori, giudicare se l'illustre visitatore "fu ricevuto con gran letizia ed apparato" dai religiosi di Padula.
A tal proposito, riporto per intero il documento manoscritto dal Tutini:
"Venendo l'Imperatore CarloV dall'impresa di Tunusi il 1535, passò per San Lorenzo della Padula, ove volse dimorare in quella Certosa due giorni, ordinò prima sotto grave pene che niuno de soldati o di sua gente profanassero quella Certosa col mangiare carne: fu ricevuto dal priore e dai monaci con allegrezza e dimostrazione esteriore ne volse apparato ne tappezzarie nella cella ove dimorò, (e con li stessi adobamenti monastici, ciò è di cortine, mante (3) et altro all'uso certosino (eccetto però di lenzuola e materassi et affermò de havere quelle due notte riposato con molta sua quiete.
Scrisse di s
uo pugno il suo nome nel muro della cella, li fermo vedere tutto il monastero, e giunto nella cantina volse fare ivi collatione con quei altri signori, e dimandò che li facessero una frittata quale in sua presenza la feciono, et essendo il cuoco molto destro in rivoltarla da dentro la padella che la menava in aere, giusto veniva a cascare in quella, che l'Imperatore stupiva dicendo che diabolicamente ciò faceva, et più volte lo fe fare chiamando il Marchese del Vasto ed altri Signori che vedessero questo fatto, finalmente se partì con molto suo contento a la volta di Napoli, non essendo in grato a questa a questa Certosa volse confirmarli tutti li suoi privilegi".

Note:
(1) Cronache, regole eccetera. Biblioteca di S,Angelo a Nido (Brancacciana) (C.4), vol. II, P.90.
(2) La Certosa di Padula. Disegnata, descritta e narrta su documenti inediti. Roma, 1016 - rist. Salerno 1982; vol. II p.208
(3)Manta: termine dialettale; sta per coltre, schiavina, dossiere, coltrone cioè coperta da letto ripiena di bambagia che nel dialetto stesso è pur detta coperta imbottita o semplicemente imbottita.